LA VITA POSSIBILE. E’ POSSIBILE.

LA VITA POSSIBILE. E' POSSIBILE

LA VITA POSSIBILE.  E’ POSSIBILE.

Ebbene! Non si inizia mai un articolo con una congiunzione, sta quasi male, ma e’ cio’ che penso  dopo aver visto, oggi pomeriggio in anteprima, come si parla di violenza contro le donne senza passare morbosamente dal buco della serratura, ma con delicatezza e rispetto. Senza mostrare il sangue, ma il dolore profondo e lo sgomento senza giudicare, o colpevolizzare, l’angoscia ma non l’odio. Inno ai sentimenti, nonostante l’argomento, alla solidarietà  femminile , al coraggio di una donna e all’amore per suo figlio e alla voglia di ricostruire una vita lontano dalla violenza.

“LA VITA POSSIBILE” di Ivano De Matteo, scritto con  Valentina Ferlan e interpretato da   Margherita BuyValeria Golino,Andrea PittorinoCaterina ShulhaBruno Todeschini

 

 

Dichiara Ivano De Matteo: “Quando abbiamo deciso di fare questo film venivamo da tre film con una storia di famiglie apparentemente normali che andavano verso la distruzione e qua volevo fare il contrario, una famiglia distrutta che va verso la ricostruzione. Lo spunto è venuto dalla storia di una conoscente della mia compagna, che ha subito dieci anni di violenze con un figlio ancora più piccolo di quello del film. Non volevo fare un film sulla violenza sulle donne che fosse voyeuristico e che mostrasse quella violenza, volevo raccontare cosa accade dopo.”

 

LA VITA POSSIBILE. E’ POSSIBILE.

 

Un vero pugno allo stomaco per iniziare in modo impattante ma poi il film scivola su altre chine andando a sottolineare svariati aspetti psicologici che s’intrecciano e si rincorrono in situazioni così delicate che non sembra un film che parla di violenza contro le donne. In effetti non parla di questo….parte da questo per parlare di coraggio e di rinascita.

 

LA VITA POSSIBILE. E’ POSSIBILE.

 

Benché e’ incentrato sul dolore profondo e nascosto di Anna, le scene si susseguono su note di positività inframmezzate a dubbi e pensieri, crescita personale e introspezione. Pian piano la storia si snocciola e sembra quasi che la pellicola prenda luce, dopo il buio e la fuga da casa. Quella casa familiare diventata una gabbia, neanche tanto dorata.

All’apparenza sembra Valerio, l’adolescente strappato da casa e dagli amici e catapultato in un’altra città, Torino, a fare le spese di questa situazione. Sicuramente nel momento delicato della crescita, una situazione simile e’ uno sconquasso emotivo e ricco di solitudine, per il giovane figlio dell’orco e anche quello più a rischio di sbandamento. Anna, la madre, dopo aver preso la decisione di scappare e’ una donna forte che mira solo a ricostruire, per sé e per il figlio, una nuova vita e un’armonia familiare, perche’ una donna e un figlio sono una famiglia!

 

LA VITA POSSIBILE. E’ POSSIBILE.
Andrea Pittorino, Valerio

Quando chiede aiuto per Valerio ad una Associazione le viene detto che essendo un minore ci vuole il consenso firmato del padre. Purtroppo questo dice la legge. Che paradosso! E’ SCAPPATA, forse non e’ chiaro!

Spesso Anna e’ pensierosa, silenziosa, osservatrice di ogni movimento del figlio spaesato, lei sembra assente in alcune scene, ma nella realta’ riflette silenziosa alla ricerca di una soluzione , si rimbocca le maniche e trova un lavoro, l’unico possibile. Pulizie serali nella nuova università di Torino.

Unico lavoro possibile = pulizie!  45/50 anni puoi sperare in un lavoro migliore?

Nel marasma di ricominciare, Valeria Golino e’ l’amica esuberante che porta note di allegria ma con discrezione e che offre ospitalità incondizionata. Anche  fuori scena.

 

LA VITA POSSIBILE. E’ POSSIBILE.

 

Piano piano, accompagnata dalla colonna sonora  e dalla splendida fotografia, tra “ti odio” di Valerio ad Anna, e la sua pazienza infinita ricca di preoccupazioni e speranze,  la vicenda si sviluppa verso la vita possibile.

Ricordo “ti odio” di mia figlia.

Cosa si prova?

E’ inimmaginabile lo squarcio nel cuore che quel falso odio urlato addosso e ricco di accuse silenziose provoca, e quanta forza ci vuole per non cedere, per non tornare sui propri passi consapevoli di aver fatto la scelta giusta ma che i figli comprenderanno solo molto poi, anni dopo e, forse, solo quando saranno genitori o mogli e mariti.

Sei tu la picchiata, non i bambini; gli hai tolto un padre.

Se, invece,  decidi di scappare da sola, non sei una madre. Hai abbandonato i tuoi figli, sara’ piu’ facile riprendersi una vita, ma sei giudicata, da nessuno escluso, UNA PESSIMA MADRE.

Quante volte viene in mente che ti possano portare via i figli, lui o gli assistenti sociali. Se non hai soldi, casa, lavoro i figli te li tolgono e magari li danno a lui che e’ un violento; ma ha un lavoro, una casa, soldi.

Ricordo il panico, l’incredulità, l’incapacità di un confronto dialettico che si tramutava in schiaffi  e predominanza fisica. Ricordo anche molto bene, come fosse oggi, le offese di “madre di merda incapace perché affetta da cancro intellettivo”. Ricordo altrettanto giudizi scritti dalla sua nuova compagna, offese e frasi tipo….non ho voglia di ricordarle! Non sono rimosse, ma non fanno piu’ tanto male.

Vorrei capire come può un essere umano offendere in continuazione, sempre e comunque. Dov’è  il rispetto tra coniugi? Sposati in chiesa o civilmente e’ uno dei cardini del matrimonio raramente rispettato.

Se lavoravo ero una “madre di schifo perché non pensavo ai figli”, se non lavoravo ero una “nullità professionale” ma comunque una “madre incapace” e, in ogni caso, non potevo decidere nulla non contribuendo economicamente, anzi, dovevo sempre chiedere per favore o portare un preventivo per una qualsiasi spesa, e attendere il benestare.

Come fa un uomo a svilire in ogni caso il ruolo della propria compagna. Dice bene una signora tra il pubblico, durante la conferenza: bisogna costruirsi un’indipendenza economica. E’ una delle poche “salvezze” in questi casi di soprusi e violenze domestiche. Se scappi, quanto meno, riesci a mantenere te e i tuoi figli. Puoi cercare una casa, fare la spesa e pagare le bollette.

Molte donne non scappano di casa perché non hanno un soldo di loro; restano ingabbiate tra paure e dipendenze e nemmeno se ne accorgono. Perdono la capacità di razionalizzare, abituate ad una quotidianità di denigrazione; goccia dopo goccia anche la roccia si erode.

La sindrome di Stoccolma non e’ una situazione così rara, anzi. Altre, sperano che il padre dei propri figli possa cambiare, possa crescere, abbandoni  Peter Pan e diventi  un uomo, un marito e un genitore.

Resto ammutolita ad un pubblico in sala che tra un mormorio e l’altro giudica donne che hanno subito per 10-20-40 anni. Ma come fanno a giudicare senza sapere in che labirinto le stesse sono finite? In quale fragilità sono state condotte fino a non aver più opinione di se stesse, a furia di sentirsi dire che sono niente, sono diventate niente. Annientate e senza amor proprio.

Dice bene Ivano De Matteo  , per scrivere questo film con Valentina Ferlan ha fatto un anno di indagini parlando con psicologi e psichiatri anche infantili, ha letto atti e denunce e ha ascoltato testimoni, non ha voluto entrare nei dettagli della vita delle donne intervistate ma ha scoperto un mondo parallelo. Ossia una realtà vera, sconcertante ma una realtà in cui numerosissimi sono i casi di violenza domestica, soprusi, denigrazioni. Come uomo, come regista, come padre non riteneva fosse possibile un mondo parallelo dove la quotidianità e’ così inquietante, annientante. Anche Margherita Buy, prima di girare il  film, non immaginava conoscenti e amiche in questa situazione e, sbigottita, afferma che sono state tante le testimonianze vicino a lei.

Quante donne prendono botte evitando che un padre violento, o ubriaco se la possa prendere con un bambino. Molte sono indotte alla prostituzione, oppure vengono violentate dagli stessi mariti. Paradossalmente a volte possono anche essere consenzienti per cercare di calmarlo, di renderlo piu’ docile, per evitare lividi o tagli o altro. La cronaca ne e’ piena.

Quante ridotte ad uno straccio vivente non hanno la forza, la voglia, l’energia per scappare, ribellarsi, risollevarsi, ri costruirsi. Guai a loro poi, se avvilite da un rapporto senza rispetto riescono ad innamorarsi di un altro. E’ la fine.

Chiedono a Valentina Furlan in che modo il suo lato femminile ha contribuito all’anima del film. Risponde quante volte , anche non volendo, può far male un uomo.

Banalmente mai sentita la frase ” anche se sei grassa ( o magra), ti amo lo stesso”? Quanto ferisce?

Dopo 17 anni di lotte in tribunale, dove ho subito la qualunque non solo dall’ex marito ma anche dai giudici stessi incapaci di verificare le carte, la documentazione cospicua, le macroscopiche palle messe nero su bianco da avvocati avversi, nonostante l’evidente ragione ( c’e’ da farsi qualche domanda in merito) ancora non abbiamo finito, io e i miei figli, di lottare per una giustizia che meritiamo, per una dignità di vita a cui abbiamo diritto.

Ma per me e loro, la vita possibile e’ possibile.

Con tanta difficoltà, molte preoccupazioni e angosce siamo ancora in piedi e scollegati dalla “sua” quotidianità che, altrimenti, ci opprimerebbe, ci minaccerebbe, ci colpirebbe inesorabilmente creando più danni di quelli già causati e i cui segni restano tangibili dentro tutti noi tre.

E siccome la vita possibile e’ possibile, sono diventata di recente responsabile della Lombardia per Bon’t Worry creata da Bo Guerreschi che si batte contro la violenza sulle donne e sui bambini con l’intento e l’energia per ridare una vita, una dignità alle vittime.LA VITA POSSIBILE. E’ POSSIBILE.

 

Un Freccia Rossa in corsa contro la violenza di genere

 

Progetti di legge basati sull’esperienza fatta per le strade e gli ospedali  intervenendo 24 h su 24 su casi di cronaca. Soccorso e assistenza psicologica e legale; creazione di posti di lavoro, progetti di recupero e di economia sociale; apertura di più sedi  a Roma e Milano e a breve a Londra e New York  affinché la Onlus diventi un’ancora di salvezza e di speranza per un futuro  decisamente migliore; una macchina che macina chilometri  per una vita possibile .

 

 

Perché sono stata scelta io? Perché prima mi hanno aiutata e conosciuta;  perché  non sono annientata ma, anzi,  da anni combatto da sola contro un ex marito incosciente, egoista, incapace di fare il padre, bipolare ( e quindi in grado d’ingannare chiunque, ma ormai non piu’ me; in grado di mandare lettere di scuse pentite ma decidere lui quando mi era concesso leggerle) e combatto contro una legge sbagliata e con tanti buchi o contrasti e molto poco sensibile sia ai minori che ad una donna che vuole separarsi.

Quando una donna si sfoga, so di cosa sta parlando, una volta ero io al suo posto. Conosco molto bene quel labirinto e quelle dinamiche che incastrano, i ricatti e le molestie, le vendette, le intimidazioni, le denigrazioni, le minacce, le azioni per far crollare psicologicamente; per non parlare dei ricatti economici. 17 anni di mail e di offese a cui non rispondo neanche più.

Inoltre, ormai, comprendo alcuni profili maschili, alcune dinamiche dei loro atteggiamenti, posso permettermi di dire: “ Stai attenta” ad un’altra donna e metterla in difesa o cercare di aiutarla anche solo ascoltandola……anche alle 3 di notte ed e’ successo di recente.

La Presidente di   Bon’t Worry e’ una donna che ha subito tantissimo a sua volta; e’ una donna che non si ferma davanti a nulla ed e’ una guida senza la quale non esisterebbe l’unica Associazione contro la violenza sulle  donne e i bambini  che non specula sul dolore altrui e non accetta compromessi di sorta e lavora incondizionatamente per proteggere le proprie vittime (attualmente 62 donne e 12 bambini). Bo Guerreschi dopo le violenze subite  ha scritto un libro sulla sua vicenda; ancora oggi e’ sottoposta ad interventi per riparare i danni subiti.

LA VITA POSSIBILE. E’ POSSIBILE.

Bo(h). Non si deve sempre morire per essere ascoltate: Testimonianze

 

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GENERAZIONI DIVERSE, ETA’ DIVERSE, MA UNICA INTESA INTELLETTUALE

GENERAZIONI DIVERSE, ETA' DIVERSE, MA UNICA INTESA INTELLETTUALE

GENERAZIONI DIVERSE, ETA’ DIVERSE, MA UNICA INTESA INTELLETTUALE

Radisson Blu, via Villapizzone 24, stasera h. 18,30 presentazione del secondo libro di Stefano Ferri, “Il bambino che torna da lontano”

GENERAZIONI DIVERSE, ETA' DIVERSE, MA UNICA INTESA INTELLETTUALE
foto di Luciano Ferri. Stefano e sua madre

Una presentazione insolita, sovente  Daniela Basilico e Stefano Ferri sono partner nella presentazione di libri di altri, son loro che pongono domande all’autore e analizzano un romanzo.

Stasera l’autore e’ Stefano, e Daniela e’ l’amica che lo invita a raccontare alcune sfaccettature del romanzo.

GENERAZIONI DIVERSE, ETA' DIVERSE, MA UNICA INTESA INTELLETTUALE
Stefano Ferri e Daniela Basilico

Difficile presentare un libro ricco di mistero in cui s’intrecciano molti sentimenti distanti e contrastanti senza svelare troppo della trama. Il romanzo e’ avvincente e si legge davvero tutto d’un fiato perché si e’ rapiti dalla vicenda che unisce il passato e il presente in un vortice di avvenimenti avviluppati  intorno ad un incidente; a 5 protagonisti che divengono comparse e ad un passato che ritorna svelando il legame tra di essi, i motivi degli intrecci, i tempi che man mano portano in superficie i veri protagonisti di questa storia che in fondo sono i sentimenti, i confronti, i pensieri, i rapporti familiari principe tra loro quello più’ importante della vita di ognuno di noi  tra madre e figlio. Il romanzo infatti affronta questo rapporto che ha  un passato di amore e odio; una donna misteriosa col tragico ricordo di un figlio morto a pochi giorni di vita e un incidente che svela un intreccio misterioso e scomodo che lega inesorabilmente il tutto.

Al di la’ del breve e contorto riassunto quello che più colpisce della serata e’ come generazioni diverse, eta’ diverse, vedute e chiusure diverse si uniscono in un’unica intesa intellettuale che Stefano cattura con grande maestria.

Il piacere dell’autore Stefano Ferri a confronto con il gusto del lettore nello scoprire l’autore, nel porgli domande, nel cercare di svelare l’animo di una personalità così distante dalla norma, ma così vicina intellettualmente  a molti.

La profondità dei suoi scritti e’ celata dal mistero della storia, ma l’attento scorge nei passaggi e nel racconto molto del suo animo alla ricerca di risposte ai misteri e ai rapporti umani della vita.

Lasciando per un attimo da parte il romanzo e’ l’atmosfera della serata che emoziona, e’ il sentimento affettuoso degli amici  numerosi all’evento.

E la presenza dei bambini, figli degli amici, e amici di Emma, 7 anni figlia di Stefano e Licia, sua moglie. Presente anche Luciano Ferri, noto fotografo, 91 anni ad inquadrare suo figlio, a scattare foto ( 700 in un paio d’ore) a non perdere nemmeno uno scatto o un autografo con un sorriso sornione sul volto, soddisfatto nel cimentarsi con una macchina fotografica digitale, con l’aria fiera e soddisfatta da grande padre.

GENERAZIONI DIVERSE, ETA' DIVERSE, MA UNICA INTESA INTELLETTUALE

91 anni! Scattava foto senza nemmeno inquadrare il soggetto nella sicurezza della mano e dell’intuito di chi ha fatto questo mestiere tutta la vita.

GENERAZIONI DIVERSE, ETA' DIVERSE, MA UNICA INTESA INTELLETTUALE

Mia madre 83 anni, tra pochi giorni,  attenta ha ascoltato Stefano mentre leggeva brani del libro, pronta a fare domande oltre il romanzo, oltre la storia, oltre l’uomo.

I brani scelti da Licia, che ha letto il libro prima di tutti noi e che ha consigliato  suo marito di leggerli facendoci scoprire oltre che l’autore anche l’oratore. Licia ha gli occhi scuri, profondi…..molto profondi. Non potrebbe essere altrimenti!

Licia che ha passato parte dell’evento dietro la sua bimba bellissima e vivacissima che scorrazzava con gli amici nel corridoio.

ORDINARIA NORMALITÀ, così deve essere.

pagina FB di Stefano  e scrittore

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UNA GIORNATA CON STEFANO FERRI AL SALONE DEL LIBRO

UNA GIORNATA CON STEFANO FERRI AL SALONE DEL LIBRO

Stefano, e’ passato a prendermi alle 7,20 del mattino e insieme ci siamo diretti a Torino al Salone del Libro 2016. Autostrada trafficata e nuvole all’orizzonte. Da buoni amici ci siamo confrontati su cosa ci aspettavamo da quella giornata intensa e piena di emozioni, mentre macinavamo chilometri.

Grandi aspettative e notevoli emozione per l’uscita del secondo libro e per la conferenza delle 17,00.

Siamo arrivati al Lingotto alle 9,30 passate e abbiamo iniziato la grande maratona.

UNA GIORNATA CON STEFANO FERRI AL SALONE DEL LIBRO

Una prima intervista e poi una seconda e una terza, ma anche quinta , sesta e settimana … dopo di ché ho perso il conto. Si era sparsa la voce e molte radio e TV o testate giornalistiche lo hanno intercettato e intervistato.

UNA GIORNATA CON STEFANO FERRI AL SALONE DEL LIBRO

 

Tra cui Vanity Fair addirittura telefonicamente. Inaspettata questa intervista, fuori dalla scaletta e … meritata.

UNA GIORNATA CON STEFANO FERRI AL SALONE DEL LIBRO

 

Abbiamo passato la giornata insieme spostandoci da uno stand o da un padiglione all’altro per rispondere alle richieste dei giornalisti, un breve break per mangiare qualcosa e tanti amici che sono venuti alla Robin Edizioni a farci un saluto.

La maggior parte delle interviste sono state fatte da giornaliste  sotto i 30 anni che hanno affrontato le domande con estrema scioltezza e professionalità nonostante la giovanissima eta’. Avevano un atteggiamento aperto e sereno e vedevo Stefano a suo agio a confronto con loro. Ma non c’e’ stata una sola intervista, alla fine della quale, lui non abbia chiesto come fosse andata con una tenerezza infinita, con un sorriso da ragazzina che chiede il consenso per l’esame superato in un atteggiamento di totale umiltà. La visibilità mediatica che ha raggiunto Stefano in questi ultimi mesi non gli ha assolutamente tolto la “disarmante”  semplicità che ha nel cuore.

UNA GIORNATA CON STEFANO FERRI AL SALONE DEL LIBRO

I giovani hanno un atteggiamento più aperto nei suoi confronti, anche sfrontato e senza tanti peli sulla lingua, ma sempre con gran rispetto e educazione in confronto  a persone mature decisamente un po’ più chiuse.

Quando gli sto accanto ho modo di osservare la reazione delle persone mentre cammina. Chi guarda stranito o incuriosito, chi con stupore chi con disappunto, ma ieri una donna mi ha lasciata smarrita.. Una donna bionda, bella, ben vestita lo ha guardato come se avesse avuto un colpo di fulmine.

Le reazioni che suscita la personalità di Stefano  sono le più disparate ma anche interessanti , si nota come l’umanità reagisce ai cambiamenti e alle “diversità”.  chi le accetta, chi se ne frega allegramente, (come anche di altro), chi continua a stupirsi, chi si fa domande anche le più indiscrete.

UNA GIORNATA CON STEFANO FERRI AL SALONE DEL LIBRO

Altrettanto, ieri, in mezzo a tanta gente, mi sono accorta di quanto gli sguardi, da quando lo conosco, siano più discreti, più morbidi. Segno, spero, che qualcosa sta cambiando.

Parte femminile e parte maschile in Stefano sono rimaste separate, convivendo una accanto all’altro e utilizzando il medesimo corpo. Questo fa notizia, questo lo differenzia da altri crossdresser.

Ma la notizia e’ un’altra!

UNA GIORNATA CON STEFANO FERRI AL SALONE DEL LIBRO

Stefano e’ un imprenditore capace, un uomo doppiamente sensibile per le due identità che convivono insieme, un padre dolce e attento, un marito, un uomo molto intelligente e colto. La sua stretta di mano e’ forte e sicura e guarda negli occhi qualsiasi interlocutore. Incanta col suo sorriso e parlando affascina chiunque facendo dimenticare totalmente che invece di una camicia e un pantalone indossa un abito. Catalizza l’attenzione dell’altro sullo sguardo e il sorriso, sulle parole e l’autoironia e ci si dimentica di come sia vestito scoprendo la persona fantastica che e’.

La gentilezza che traspare nei suoi gesti e nei suoi modi e’ tipicamente femminile, le mani, ieri stranamente senza smalto, sono quelle di una donna. Altrettanto quando sorride il volto cambia lineamenti divenendo femmineo.

Il fisico e’ maschile, il modo di camminare e’ quello di un uomo sui tacchi. – Come ha fatto ieri a stare tutto il giorno con quelle scarpe lo sa solo Stefania!!!! – Scrive da uomo e i suoi libri sono pieni di mistero

Mentre in  molti lo cercavano per un autografo o un’intervista, mi sentivo privilegiata nel vivermi quella giornata così ricca di emozioni e per vedere l’appagamento dell’ amico Stefano, col volto sorridente e soddisfatto del successo annunciato, e anche a fine giornata, appesantito dalla stanchezza anche di contentezza non ha rifiutato un sorriso e una stretta di mano a nessuno.

Alle 17,00 tutti pronti per la conferenza “Crossdressing ieri e oggi” a cura di CoordinamentoTorino Pride e Regione Piemonte che, quest’anno, ha dedicato la propria presenza al Salone alla battaglia per i diritti Lgbt, e non solo. Sono intervenuti Stefano Ferri con Maurizio Gelatti e Alessia Giorda per parlare di donne vestite da uomo e uomini vestiti da donne nella storia e a i giorni nostri; segretamente o alla luce del sole. Tra storie di guerra in cui molte donne si sono travestite da uomini; dettagli sulla loro quotidianità in un ambiente durissimo e maschile; la difficoltà di nascondere la loro vera identità femminile il cui rischio più banale era quello di farsi sbattere fuori dall’esercito per poi vivere di stenti e morire, piuttosto che essere condannate a morte e addirittura bruciate, anche Stefano racconta la sua storia odierna.

Il crossdressing non e’ certo sconosciuto alla storia, anzi ha origini antiche,  ma lo e’ come fenomeno sociale.

UNA GIORNATA CON STEFANO FERRI AL SALONE DEL LIBRO

Il messaggio di Stefano, col suo tubino Desigual bianco e nero, trench bianco, sandali con tacco a spillo, gambe perfette e smalto sui piedi e’ quello di far capire che comunque sia vestito e’ una persona, come tutti, senza etichette e che, come lui, ognuno deve essere  libero di esprimere la propria sessualità in modo naturale e senza discriminazioni. Per Stefano ci sono voluti anni di grandi sofferenze e rifiuti per raggiungere equilibrio e serenità con se stesso e i suoi cari. Vorrebbe che la sua fatica di vivere a cercare la propria identità con coraggio e intelligenza sia di esempio per altri, insomma un ‘apripista per una società futura più umana e più aperta.

UNA GIORNATA CON STEFANO FERRI AL SALONE DEL LIBRO

 

Anticipazioni  sul libro

«È stato bellissimo. Ho incontrato mio figlio da grande. L’ho toccato e l’ho baciato. Ho visto come sarebbe cresciuto»

Una madre e un figlio. Un passato di amore e odio. Di solitudine e irriconoscenza.
Una donna misteriosa, con un tragico ricordo cui nessuno vuole credere.
Lo spettro di un sosia …………………………. ” Lassù qualcuno mi somiglia”

Il libro narra la storia di Renato Ferrari, trentenne rampante, felicemente fidanzato con Anna, di origini siciliane. L’incontro casuale con una donna misteriosa, Gisella Ardesi, convinta di vedere in lui il sosia del defunto marito Ernesto, scomparso molti anni prima in un incidente stradale con il loro unico figlio, il neonato Fulvio, darà il via a una vicenda intricata e appassionante. I nomi sono stati scelti con doviziosa furbizia letteraria, ma questa e’ una confidenza ricevuta mentre mangiavamo un boccone e stara’ al lettore carpirne il segreto.

Leggi anche:

Stefano Ferri la liberta’ di essere se stesso

Le mie prime decollette

Torino Pride

Regione Piemonte

Pagina FB di Stefano Ferri  e la pagina Fb come scrittore

UNA GIORNATA CON STEFANO FERRI AL SALONE DEL LIBRO

 

Il bambino che torna da lontano

 

UNA GIORNATA CON STEFANO FERRI AL SALONE DEL LIBRO

Seppellitemi in cielo

STEFANO FERRI “Il bambino che torna da lontano”

STEFANO FERRI "Il bambino che torna da lontano"

STEFANO FERRI  “Il bambino che torna da lontano”

Al Salone del Libro 2016 Torino

 Lunedì 16 maggio ore 17,00

A cura di: Coordinamento Torino Pride, Regione Piemonte.

“Crossdressing ieri e oggi”

Alessia Giorda, autrice di “Donne in guerra: mogli compagne e femmes de plaisir” dialoga con lo scrittore e crossdresser Stefano Ferri, autore di “Il bambino che torna da lontano”   in libreria dal 12 maggio.

Introduce il segretario del Coordinamento Torino Pride Maurizio Gelatti.

STEFANO FERRI "Il bambino che torna da lontano"
In anteprima “Il bambino venuto da lontano”

Dotato di grande ironia, Stefano scherza sempre sulla sua situazione di “2 in 1”, ed e’ un piacere vederlo sorridere di se stesso. Dietro quel sorriso una vita difficile, contorta, emarginata. ma uomo di intelligenza sopraffina ha saputo costruire la sua identità  di uomo libero.  Oggi e’ sereno ed emana  la pace interiore quasi raggiunta  attraverso un dresscode costruito per sè stesso.

STEFANO FERRI "Il bambino che torna da lontano"

Chiunque l’abbia intervistato parla soprattutto di questo, perché e’ ciò  che appare, ciò che più risalta ovviamente. Stefano è assolutamente eterosessuale, ha un aspetto maschile, ma si veste da donna, e il contrasto è forte. Ma Stefano e’ altro! “Stefano Ferri e’ la liberta’ di essere se stesso” .

STEFANO FERRI "Il bambino che torna da lontano"
Stefano al lavoro

Attendo con ansia ed emozione il 16 maggio a Torino che vedrà  Stefano, per la seconda volta, scrittore atteso. Mi parlo’ di questo libro a settembre, e a distanza di qualche mese e’ già pubblicato.

STEFANO FERRI "Il bambino che torna da lontano"
L’arrivo della prima copia de”Il bambino venuto da lontano

Il primo libro, Seppellitemi in cielo , alla 4° ristampa, e’ un genere “Love Mistery” – mi racconta Stefano – In questo libro l’amore non e’ un tema ma un personaggio. Le mie storie, in genere, non sono costruite su un rapporto a due, eppure tutti i miei romanzi ruotano intorno all’amore.  I miei personaggi sono la somma e le briciole di Stefano e “Stefania”, sia per quanto riguarda “Seppellitemi in Cielo” sia per il prossimo romanzo “Il bambino che torna da lontano” .  Vorrei che fosse apprezzato perché è un libro che non assomiglia a nessun altro, propone un genere che ancora non esiste. È tutto da scoprire.”

STEFANO FERRI "Il bambino che torna da lontano"
4°ristampa per “Seppellitemi in cielo”

E infatti non voglio anticipare niente.Così andremo a scoprire il nuovo libro a Torino il 16 maggio al Salone del libro.

Intanto, per chi se lo fosse perso

STEFANO FERRI "Il bambino che torna da lontano"

 

 

interviste

Il Corriere

Stefano Ferri e la sua pagina FB

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